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Morning Bell: i mercati tentano il rimbalzo ma restano i timori di una recessione globale05/07/2022 06:15:51AGI - I mercati tentano il rimbalzo, anche se sullo sfondo restano i timori di una recessione globale legata alla stretta delle banche centrali per frenare l'inflazione galoppante. Oggi Wall Street riapre dopo aver chiuso ieri per l'Indipendence Day. In Asia i listini salgono sulla scia di un possibile alleggerimento delle tariffe statunitensi sui beni di consumo cinesi. Secondo l'agenzia Bloomberg Joe Biden potrebbe annunciare fin da questa settimana una misura in questo senso per ridurre l'inflazione a stelle e strisce. Anche i future a Wall Street sono in rialzo e i rendimenti dei T-bond a 10 anni risalgono al 2,95% dopo la chiusura festiva di ieri. L'ipotesi che l'amministrazione Biden riduca alcune delle tariffe introdotte nell'era Trump su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi, secondo Charu Chanana, analista senior di Saxo Capital Markets,"potrebbe essere accolta positivamente dai mercati, perché a questo punto siamo affamati di notizie positive. Tuttavia non vedo come questa mossa possa influenzare la crescita globale e le dinamiche di inflazione in modo significativo". Nella giornata di martedì 5 luglio le Borse di Tokyo e Hong Kong avanzano di oltre mezzo punto percentuale, mentre Shanghai è in leggero calo, nonostante l'indice Pmi servizi di giugno in Cina, sia salito da 41,4 a 54,5 punti, dopo tre mesi di cali dovuto ai lockdown. In rialzo anche I future a Wall Street e di mezzo punto quelli sull'EuroStoxx 50, dopo che il 4 luglio le Borse europee avevano chiuso in ordine sparso, con Parigi a +0,4%, Londra a +0,89%, Francoforte giu' dello 0,23% e Milano piatta a -0,05%. A frenare i listini sono state le vendite sugli istituti di credito che hanno pagato l'ipotesi, riportata dal Financial Times, secondo cui la Bce valuta misure perchè gli istituti non realizzino extraprofitti dai prestiti a condizioni favorevoli ottenuti durante la pandemia. Sul fronte obbligazionario l'attenzione è andata alla posizione contraria allo scudo anti-spread espressa dal presidente della Bundeskbank Joackim Nagel. Lo spread è tornato sopra i 200 punti, mentre l'euro è in rialzo sul dollaro sopra la soglia di 1,04 e lo yen perde colpi sul biglietto verde sopra quota 136. Intanto Brent e Wti hanno ritracciato dai massimi di inizio giugno, ma entrambi i contratti rimangono saldamente ancorati sopra i 100 dollari al barile e continuano a mostrare un trend rialzista. In una nota pubblicata questo fine settimana, gli analisti di JPMorgan hanno stimato che in risposta al price-cap sulle importazioni di petrolio russo deciso dal G7, a fronte di una riduzione giornaliera di 3 milioni il prezzo del Brent salirebbe a 190 dollari e, nel peggiore dei casi, con una riduzione di 5 milioni di barili il greggio quotato a Londra potrebbe volare alla "stratosferica" cifra di 380 dollari Oggi, come previsto, la banca centrale australiana ha rialzato i tassi di mezzo punto, portandoli all'1,35% e sono attesi I Pmi di giugno europei, che dovrebbero mostrare un rallentamento, pur restano in fase espansiva. In giornata parlerà il Governatore della Boe, Andrew Bailey. Sempre oggi Mario Draghi vola da Erdogan in Turchia: focus sull'Ucraina e i flussi migratori. Intanto è caos voli nel primo esodo estivo: 3 mila quelli cancellati fino a ieri in meno di 48 ore. Altri 700 decolli in calendario per oggi sono già saltati. Poco meno di 40 mila partenze in ritardo nello stesso arco di tempo. C'è attesa per le minute della Fed e della Bce di giugno che usciranno rispettivamente domani e dopodomani. Venerdi' toccherà invece ai dati sul mercato del lavoro Le misure sul gas in Germania Il governo tedesco si appresta a varare una legge che gli consentirà di assumere partecipazioni nelle aziende del gas in difficlotà a causa del blocco delle esportazioni dalla Russia. Lo rende in Financial Times, secondo il quale la legge, che potrebbe essere approvata dal Parlamento già questa settimana, spianerebbe la strada al governo per salvare Uniper, il piu' grande importatore di gas russo in Germania. Inoltre il provvedimento consentirebbe agli importatori di trasferire i costi piu' elevati del gas a tutti i loro clienti, evitando cosi' l'insolvenza. "Il gas è diventato una merce rara e nella situazione attuale dobbiamo rendere disponibili tutte le opzioni in caso di emergenza" ha detto un funzionario, spiegando le misure in cantiere. L'obiettivo è quello di evitare il ripetersi del 2008 quando il crollo della Lehman Brothers ha innescato una crisi globale del settore finanziario. Il settore energetico della Germania è in fermento dalla metà di giugno, quando il colosso russo Gazprom ha ridotto del 60% i flussi di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1 sotto il Mar Baltico.( "Vorrei mettere in guardia dall'utilizzo di strumenti di politica monetaria per limitare l'allargamento degli spread, poichè è praticamente impossibile stabilire con certezza se sia giustificato o meno". Lo ha detto il governatore della Bundesbank Joachim Nagel prendendo le distanze dall'idea della Bce di abbassare i costi di finanziamento per i paesi dell'Europa meridionale. Per Nagel l'attenzione dovrebbe concentrarsi sulla lotta all'inflazione, che potrebbe richiedere più rialzi dei tassi del previsto e non sul cosiddetto scudo anti-spread. A giugno la Bce si è impegnata ad acquistare più obbligazioni da Stati membri fortemente indebitati, come l'Italia e la Spagna, per contenere l'aumento del differenziale tra i costi di raccolta rispetto a quelli della Germania, sostenendo che il movimento ingiustificato del mercato mette a rischio il meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Nagel ritiene invece che questo tipo di aiuto dovrebbe arrivare solo in caso di circostanze eccezionali, ed essere caratterizzato da condizioni e durata ben definite, in modo che la Bce eviti di segnalare che assicurerà sempre condizioni di finanziamento favorevoli. Intanto Luis de Guindos, il vicepresidente della Banca centrale europea, sostiene che l'economia della zona euro potrebbe entrare in recessione se la Russia interrompesse le forniture di gas. "Se è cosi', nel nostro scenario alternativo, vediamo una recessione non solo in Germania ma nella zona euro", ha detto de Guindos. L'economia americana verso una "strana" recessione Per la Fed di Atlanta l'economia Usa è già in recessione ma, come nota il Wall Street Journal, si tratta di una "recessione piuttosto strana". La eEd di Atlanta per il secondo trimestre di quest'anno si aspetta negli Usa una revisione al ribasso dei consumi che si tradurrà in una contrazione dell'1% del Pil. Tenendo conto che nel primo trimestre il Pil Usa ha già segnato una contrazione dell'1,6% congiunturale, questo significa che, se questa stima dovesse essere confermata, gli Usa sono già in recessione tecnica. Durerà? Probabilmente no. Secondo gli analisti si tratterebbe di una recessione molto breve, legata in particolare al calo degli acquisti delle auto. Nella seconda parte del 2022 l'economia Usa l'economia a stelle e strisce dovrebbe riprendersi, anche se molto probabilmente tornerà in recessione nel 2023. In compenso dovrebbero diminuire le pressioni sui prezzi, in particolare quelle sui prezzi del cibi e dell'energia, legate alla guerra, e quindi l'inflazione dovrebbe gradualmente iniziare a scendere. Il Wsj nota inoltre che l'economia degli Stati Uniti ha subito 12 recessioni dalla seconda guerra mondiale, e ognuna di esse aveva due caratteristiche: una contrazione della produzione economica e un aumento della disoccupazione. Oggi però, qualcosa di molto insolito sta accadendo. La produzione economica è scesa nel primo trimestre e molto probabilmente lo farà ancora nel secondo. Tuttavia, il mercato del lavoro ha mostrato pochi segni di indebolimento nella prima metà dell'anno. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 4% dello scorso dicembre al 3,6% di maggio. E non si tratta dekll'unico segnale anomali di questa strana economia pandemica post pandemica, che ha visto nella prima metà del 2022 la produzione calare, anche se le aziende hanno continuato ad assumere. Anche per questo non è chiaro quanto profonda sarà la recessione, soprattutto negli Usa.
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Antimo Caputo: "Rincari sul prezzo del grano? Prima erano troppo bassi"05/07/2022 05:27:50AGI - La crisi del grano e più in generale dei cereali, il rincaro dei prezzi delle materie prime generati dalla guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici e le speculazioni finanziarie? C'è anche chi le coglie come opportunità. Per Antimo Caputo, alla guida di una impresa familiare che esiste dal 1924 e a Napoli lavora il grano per produrre farine, questa è l'occasione per iniziare a costruire una agricoltura, non solo italiana, ma europea, "economicamente sostenibile, oltre che ambientalmente". Un prezzo maggiore riconosciuto a chi coltiva grano o per altri prodotti della terra "può stimolare a riprendere a coltivare - osserva con l'AGI - dato che in Italia ci sono 200mila ettari a riposo da decenni". Caputo sette anni fa ha cominciato a costruire la sua filiera di grano duro "nostrum", come lo definisce, 100% italiano, sottoscrivendo patti con agricoltori del Casertano e del Napoletano, e oggi la sua produzione di farina 100% italiana da questo grano si è attestata intorno ai 150 mila quintali. "Questo progetto ha dimostrato di essere concreto - spiega - abbiamo dato un riferimento agli agricoltori, fornendo lo stesso seme, gli stessi mezzi e riconoscendo la stessa remunerazione e un premi per la qualità. L'esplosione del prezzo del grano è anche dovuta al fatto che prima era troppo basso". Un progetto che ha destato interesse oltre la Campania, tanto che a oggi quell'accordo è stato stretto anche con agricoltori del basso Lazio, della Puglia, della Basilicata e del Molise. "L'obiettivo non era l'autosufficienza - esplicita ancora Caputo - e nemmeno in Italia si può pensare in termini di autosufficienza. Ma bisogna recuperare quelle centinaia di migliaia di ettari incolti e magari 'prestati' per ospitare solare o eolico. L'economia green non è questa, è fare cultura anche agricola". All'origine della crisi attuale, per lui, ci sono diversi fattori, al di là del conflitto alle porte dell'Europa: "Non si coltiva, si sono ridotte di molto le riserve, la finanza mondiale amplifica fondamentali non buoni". Le enormi oscillazioni di prezzo creano problemi anche alle grandi imprese di trasformazione come le sua, ma le piccole "fermano gli impianti, perchè non hanno capacità finanziaria. A lungo termine, scompariranno. Non c'è posto per loro nel mercato". Ma, a suo avviso, "i prezzi ora devono rimanere sostenuti, perchè l'agricoltura tra semi, fertilizzanti e gasolio ha avuto aumenti violenti". Il rischio è che l'anno prossimo, al massimo tra due anni, "il mercato impazzisca perchè le scorte nei depositi sono già al minimo mai toccato e in alcune parti del mondo, tra cui l'Ucraina, non si riesca a seminare e raccogliere vuoi per la guerra vuoi per eventi collegati a cambiamenti climatici". Anche se è l'Europa, fa notare, il più grande produttore ed esportatore di grano. "Siamo in un nuovo mondo, in una nuova era economica e il livello dei prezzi di materie prime dall'agricoltura deve rimanere alto - ribadisce Caputo - purtroppo il piccolo in questa dimensione è destinato a sparire perchè è aumentato il tasso interesse, aumentato working capital. Non sono allarmista, ma realista". La siccità attuale non preoccupa l'imprenditore. "Non incide sul grano - spiega - anzi ne aumenta la qualità perché è un grano secco, pulito, con un buon livello di proteine. Due mesi fa avrebbe avuto altro effetto". "In questa crisi c'è grande opportunità. Sono preoccupato per futuro, ma ottimista. Stavamo perdendo di vista i fondamentali dell'agricoltura di un paese. E dovremmo stimolare coltivazioni concentricamente vicine come quelle in Croazia e Bulgaria, importante per riportare gli stock a livello", la sua ricetta. E "dobbiamo mantenere prezzo alto del grano, cosi' come di tutti gli altri prodotti della terra, per avere una agricoltura sostenibile economicamente e poi ambientalmente. Il grano per troppi anni è costato 200 euro a tonnellata, il mais 180 euro. Troppo poco", conclude Caputo.
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La crisi dei pub nel Regno Unito a causa dell'inflazione al top da 40 anni04/07/2022 14:05:03AGI - L'inflazione in Gran Bretagna, che ha raggiunto il top da 40 anni, registra una vittima 'eccellente': i celebri pub inglesi, tanto amati dai cittadini britannici (e turisti stranieri), meta abituale per fare una sosta e per degustare una birra. Sebbene l'identità nazionale britannica sia strettamente intrecciata con le "public house", spesso rappresentate come il cuore di una comunità, il loro numero è in declino a causa di una serie di fattori, tra cui anche il cambiamento delle abitudini di consumo e sociali. Ma il colpevole principale è l'inflazione, considerando che secondo l'attuale ritmo di aumento del costo della vita, una pinta di 'chiara' è salita da 3,96 euro nel 2010 a 4,80 euro nel 2020 fino a oltre 5,30 euro nelle ultime settimane. E in alcuni posti, è lievitato fino a 8 sterline. Con il conflitto ucraino - considerato il fatto che Kiev è tra i maggiori produttori di orzo, un ingrediente chiave nella produzione di birra - e l'inflazione galoppante, i maggiori costi per gli operatori di pub britannici sono diventati sostenuti e solo in parte vengono scaricati sui consumatori: ad esempio Mitchells & Butlers Plc, prevede per quest'anno una spesa maggiore per 257 milioni di dollari, il proprietario dei marchi Harvester e All Bar One stima invece che le pressioni inflazionistiche potrebbero far aumentare i suoi costi totali dell'11,5% nel 2022. I problemi dei costi si aggiungono a quelli già esistenti visto che i pub hanno dovuto affrontare un periodo assai turbolento durante la pandemia di Covid-19: tra questi, i ritardi nelle consegne oltremanica dovuti alla Brexit, e la carenza di personale. I proprietari dei pub hanno offerto quindi salari più alti per trattenere i lavoratori, ma ciò ha inevitabilmente intaccato i loro margini di profitto. Clive Watson, presidente del City Pub Group, che gestisce 41 pub a Londra e nel sud del Paese, ha dichiarato al FT che i costi degli ingredienti sono aumentati del 10%, "l'inflazione dei salari è probabilmente del 7% e l'inflazione dell'elettricità è del 100%, quindi il prezzo dei costi misti probabilmente fa aumentare il prezzo di una pinta di birra del 12-13%". Insomma, questo mix da tempesta perfetta ha fatto sì che il numero di pub attivi in Inghilterra e Galles sia ora il più basso mai registrato mentre l'aumento dei costi dell'energia e la carenza di lavoratori minacciano sempre più il futuro di questa istituzione britannica molto amata. Secondo i dati riportati da Altus Group, società di consulenza immobiliare, alla fine di giugno c'erano 39.973 pub inglesi e gallesi, 200 in meno rispetto a quelli aperti alla fine dell'anno scorso. Peraltro molti di questi locali lottano anche per competere con i prezzi più bassi degli alcolici disponibili nei supermercati e nel frattempo la maggior parte di quelli che sono ormai scomparsi sono stati demoliti o convertiti in abitazioni o uffici. Emma McClarkin, amministratore delegato della British Beer and Pub Association, ha dichiarato in un comunicato che i numeri dipingono un "quadro devastante".
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